Una nuotata lunga sessant’anni, perché rileggere John CheeverL'iniziativa di Domani,criptovalute Libération, Tagesspiegel, El Confidencial, Hvg, Gazeta Wyborcza, Delfi, Balkan Insight e n-ost vuole vitalizzare il dibattito pubblico e la democrazia europea. La ventisettesima puntata è dedicata al dibattito europeo sul nucleare. La newsletter paneuropea esce ogni mercoledì ed è gratuita. Iscriviti qui Eccoci di nuovo insieme, Europa! Siamo alla ventisettesima edizione dello European Focus! Io sono Viktória Serdült, la caporedattrice di questa settimana, e scrivo da Budapest. Mentre l’Unione europea si avvicina sempre di più al raggiungimento della neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050, c'è chi sostiene che l’energia nucleare costituisca il fattore chiave che ci garantirà di raggiungere zero emissioni nette. Nel momento in cui vi scrivo, la Germania ha già spento le sue ultime centrali nucleari, e le preoccupazioni ambientali stanno spostando l’opinione pubblica verso le energie rinnovabili in diversi paesi dell’Ue. Altri la pensano diversamente: appena qualche giorno fa, la Finlandia ha attivato il più grande reattore nucleare d’Europa, la Romania sta implementando nuove tecnologie con l’aiuto degli Stati Uniti e, ad appena 120 dal mio ufficio, sono stati avviati i lavori di costruzione di una nuova unità presso la centrale nucleare ungherese di Paks. Dire che in Europa ci sono diverse opinioni sull’utilizzo dell’energia nucleare è un eufemismo. Mentre ci si concentra principalmente sulle questioni ambientali, sarebbe da stupidi ignorare il ruolo della politica. Dopotutto, costruire e fornire reattori nucleari costituisce un grosso giro d’affari, ma questo significa necessariamente che dobbiamo dipendere da paesi come la Russia? Leggete l’edizione di questa settimana dello European Focus per saperne di più. Viktória Serdült, caporedattrice di questa settimana EuropaNove media creano un appuntamento settimanale per il dibattito europeoFrancesca De Benedetti La scelta tedesca e il vento di novità Sfruttiamo l’energia del vento e del sole. © Jochen Sievert BERLINO - Mio zio ha una casa ad Amburgo e questo appartamento è proprio affacciato su delle turbine eoliche. Sebbene in città ci siano delle forti correnti, negli ultimi mesi le pale sono rimaste spesso ferme. E sapete come mai? Perché c’era troppa energia nella rete elettrica tedesca e dunque gli impianti che si potevano disattivare sono dovuti rimanere fermi. In effetti, le ultime centrali nucleari tedesche dovevano essere spente all’inizio di quest’anno. Ma i sostenitori dell’energia nucleare hanno sfruttato la paura della carenza di corrente elettrica dovuta alla crisi energetica per fare pressione e ottenere una proroga, e il tempo di funzionamento degli impianti è stato “allungato” di ulteriori tre mesi e mezzo. Sabato scorso, finalmente, sono stati spenti. Quelle centrali non erano indispensabili per il mix energetico, dal momento che coprivano solamente il sei per cento del consumo di elettricità della Germania. Senza di esse avremmo avuto carenze energetiche durante l’inverno? Probabilmente no. Ci sono stati giorni in cui la Germania ha addirittura esportato energia. È abbastanza probabile che ciò sia successo esattamente nei periodi in cui le pale eoliche vicino a casa di mio zio erano ferme. Credo sia piuttosto ingenuo contrapporre il pericolo della crisi climatica al pericolo delle centrali nucleari. A Černobyl’ e Fukushima abbiamo visto quanto possono essere devastanti le conseguenze di un incidente. È possibile rendere le centrali elettriche sicure da incidenti, disastri naturali e sabotaggi, come è successo in Germania (probabilmente proprio grazie alle continue critiche dagli avversari del nucleare), ma i rischi non possono essere eliminati. Inoltre, le scorie nucleari rimarranno pericolose per decine di migliaia di anni. Il solo stoccaggio sicuro delle scorie rende questa forma di produzione di energia molto più costosa dell’energia solare ed eolica. L’energia che nei mesi recenti alcuni hanno investito per fare polemica per estendere il tempo di funzionamento delle centrali nucleari sarebbe stata spesa meglio per espandere le rinnovabili, in modo che le pale eoliche possano sfruttare liberamente il vento che sta soffiando. Teresa Roelcke è una reporter del Tagesspiegel Il numero della settimana – 17 PARIGI - Nel 2007 è stata approvata la costruzione del terzo reattore della centrale nucleare di Flamanville, nella Francia settentrionale, che sarebbe dovuto essere operativo cinque anni dopo, nel 2012. Ma il progetto si sta dilungando e, secondo le previsioni, ci vorranno 17 anni per portarlo a termine, con un costo stimato di 19,1 miliardi di euro, quasi sei volte le stime originali. A dicembre, il proprietario e gestore della centrale, la Edf, ha annunciato il rinvio al primo trimestre del 2024, data la necessità di riparare saldature di qualità discutibile. Sembra che la costruzione di un ulteriore reattore nucleare ad acqua pressurizzata europeo, progettato per rilanciare l’energia nucleare dopo il disastro di Černobyl’ del 1986, sia una vera sfida. Léa Masseguin fa parte della redazione Esteri di Libération Orbán e la centrale che ci lega a Mosca BUDAPEST - Il governo ungherese rimane fedele all’energia nucleare, come anche il popolo ungherese. Secondo un sondaggio condotto all’inizio di quest’anno, il 70 per cento degli ungheresi sostiene le centrali elettriche nucleari. L’Ungheria ha una centrale nucleare, quella di Paks. Costruita con tecnologia russa, è operativa dal 1980. Le quattro unità sono destinate a essere dismesse dopo il 2030, ma il governo sta cercando di allungarne l’operatività, il che potrebbe significare ulteriori 10 o 20 anni di funzionamento. Inoltre, il paese sta costruendo altre due unità presso lo stesso sito vicino al Danubio. Le nuove unità avrebbero dovuto sostituire quelle vecchie, ma per via del rinvio potrebbero funzionare fianco a fianco per decenni. Secondo i funzionari del governo, l’energia elettrica è fondamentale per via della maggiore richiesta da parte delle famiglie, e perché nel paese devono essere costruite diverse fabbriche asiatiche di batterie che richiederanno un flusso costante di energia. A costruire le nuove unità sarà la compagnia statale russa Rosatom, che si occuperà dell’assemblaggio dei reattori, mentre compagnie francesi, tedesche e americane forniranno altri sistemi principali. L’Ungheria ha aggiudicato l’appalto a Rosatom senza svolgere una gara d’appalto internazionale nel 2014, con Mosca che concedeva un prestito di 10 miliardi di euro. Tuttavia, il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha recentemente rivelato che tutti i contratti sono in fase di rinegoziazione a causa del tempo trascorso dalla firma dei documenti originali. A giocare un ruolo importante sono anche le sanzioni contro la Russia. Alcuni analisti ritengono che Rosatom non sarà in grado di portare a termine il progetto in circostanze del genere. Altri sostengono che sia nell’interesse del paese trovare un altro fornitore, dal momento che ora la Russia rappresenta una potenza ostile. Come nel caso dei precedenti contratti, tenuti segreti fino al 2019, le modifiche sono ancora poco chiare. Non è ancora sicuro se i dettagli consentiranno a Rosatom di concludere il progetto. Inoltre, la costruzione delle nuove unità è già in ritardo di anni, soprattutto a causa della mancata presentazione da parte di Rosatom di piani di progettazione conformi agli standard Ue e ungheresi. Gábor Kovács è un giornalista di HVG specializzato sul nucleare I piani americani della Romania Progettata nel 1978 e operativa dal 1996, l’unica centrale nucleare della Romania è quella di Cernavodă. Fonte della foto: Nuclearelectrica FB. «La Romania può diventare un esportatore di soluzioni energetiche verso la Moldavia e, regionalmente, su scala più ampia. Se la Romania riuscirà a prendere tutte le misure necessarie e a rispettare le procedure di autorizzazione, sicurezza e impatto ambientale, ciò costituirà un vantaggio [per la regione]. La Romania e la società statale Nuclearelectrica [nel 2021] hanno fatto la cosa giusta per quanto riguarda il [nuovo] progetto con gli Stati Uniti che mira a implementare [in Romania] la tecnologia degli Small Nuclear Reactors (SMR)». Eugenia Gusilov, direttrice del Centro Energetico Romeno, il ROEC BUCAREST - La Romania ha piani ambiziosi per garantirsi l’autosufficienza energetica e aprire ulteriori rotte di esportazione con l’aiuto dell’energia nucleare. I due reattori dell’unica centrale nucleare del paese, quella di Cernavodă, producono quasi il 20 per cento dell’elettricità del paese utilizzando tecnologia canadese. La Romania pianifica di diventare un pioniere regionale implementando nuove tecnologie nucleari brevettate in collaborazione con gli Stati Uniti, come i reattori SMR, che possono essere spostati e ridimensionati. L’obiettivo principale delle esportazioni di energia elettrica è la Repubblica di Moldavia, che ha bisogno di energia elettrica economica e affidabile, in modo da riuscire a sfuggire alla strategia russa di ricatto energetico. Madalin Necsutu è un giornalista politico e investigativo romeno che vive a Chisinau La Russia riesuma il terrore di Černobyl’ Veicoli contaminati, utilizzati nell’operazione di salvataggio del 1986, in un museo a cielo aperto vicino a Černobyl’. In questa foto dell’aprile 2022 si possono vedere i segni dei saccheggi e dei danni da parte dei russi. Copyright: Anton Yukhymenko, Babel.ua. KIEV - Il sanatorio: è così che i soldati russi hanno chiamato la centrale nucleare di Černobyl’ nel marzo del 2022. In quel periodo utilizzavano il suo territorio come punto di riposo nel mezzo dei loro tentativi falliti di catturare Kiev, che si trova a 120 chilometri a sud. Poiché per l’esercito ucraino era troppo pericoloso bombardare il sito nucleare, questo è diventato il rifugio degli occupanti. Le radiazioni di Černobyl’ che nel 1986 costituivano una minaccia globale, ora hanno offerto una protezione alle forze degli invasori. La maggior parte dei soldati russi, però, non ha capito la minaccia delle radiazioni e ha ignorato le regole di sicurezza di base. Si sono sdraiati sul terreno aperto e hanno mangiato all’esterno, dove i loro corpi hanno assorbito particelle radioattive che non andranno mai via. Hanno scavato delle trincee nella Foresta Rossa, la zona più contaminata intorno alla centrale elettrica, respirando così la polvere. Dal museo all’aperto hanno rubato i veicoli abbandonati dell’esercito, tenuti a circa dieci metri dai visitatori in tempo di pace. Sono riusciti a procurarsi comunque dei danni irreparabili senza sconfinare nemmeno nella linea di fuoco. Secondo i rapporti dell’intelligence, le centrali nucleari erano gli obiettivi principali dell’invasione russa. Oltre ad offrire riparo, potrebbero essere usate per ricattare sia il mondo che la popolazione locale. Mentre sul fronte globale il timore è quello di un’altra catastrofe di Černobyl’, sul versante ucraino la popolazione può essere tagliata fuori dalla rete elettrica dai russi nel caso non dimostrasse fedeltà a Mosca. Tutto ciò rende le centrali nucleari una minaccia ancora maggiore per l’umanità. Attualmente, in Ucraina non si discute dell’abolizione dell’energia nucleare, dal momento che essa è fondamentale per l’odierno bilancio energetico. Ma in futuro potrebbero esserci altre ragioni per ricordare la frase che uno dei lavoratori di Černobyl’ aveva detto agli occupanti: «Dopo aver lottato qui, mi restano solo due opzioni: una bara di zinco o una di piombo». Mentre la prima è comunemente usata per trasportare i cadaveri, la seconda serve a trasportare materiale radioattivo. Anton Semyzhenko gestisce la sezione in lingua inglese di Babel.ua Qual è la tua impressione su questo tema? Ci piacerebbe riceverla, alla mail collettiva [email protected] se vuoi mandarcela in inglese, oppure a [email protected] Alla prossima edizione! Francesca De Benedetti (Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti) EuropaNine European Media Outlets Launch Unique ‘European Focus’ CollaborationFrancesca De Benedetti© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?Accedia cura di Francesca De Benedetti Europea per vocazione. Ha lavorato a Repubblica e a La7, ha scritto (The Independent, MicroMega), ha fatto reportage (Brexit). Ora pensa al Domani.Short bio Twitter account
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