Luana D’Orazio morta in fabbrica, il dolore della mamma: “Lei è un simbolo”Il dolore dei familiari e degli amici della giovanissima scout Chiara poche ore dopo la sua morte,MACD l'anno scorso - . COMMENTA E CONDIVIDI Un ricordo che si è fatto festa, per guardare alla vita che va oltre e perché Chiara è ancora ben presente in mezzo a noi». Commuovono le parole di don Roberto Bartesaghi, parroco della comunità di Tavernola, il quartiere di Como – a un passo dalla Svizzera e affacciato sul primo bacino del Lario – dove viveva Chiara Rossetti. Era il 25 luglio dello scorso anno, quando una tempesta di pioggia e vento si scatenò nei boschi di Corteno Golgi, in Valcamonica, (provincia di Brescia): in località Palù era stato allestito il campo degli scout del gruppo Como Terzo, di cui Chiara, 16 anni compiuti il mese precedente, era “guida”. Un albero precipitò sulla tenda della palafitta dove dormivano lei e altre tre ragazze della squadriglia: il tronco colpì Chiara senza lasciarle scampo. Un episodio che ha commosso Como e l’Italia intera e, a distanza di un anno, nella Messa di suffragio «il ricordo si è fatto festa perché tutti insieme vogliamo guardare avanti», ci ha detto ancora don Roberto. La chiesa dedicata a Cristo Re era piena, stretta in un abbraccio di fede e affetto attorno alla famiglia di Chiara: un vero «balsamo sulle ferite, per medicare un dolore tanto grande». Sull’altare i fiori portati dagli amici scout e la bandana degli animatori del Grest. «Chiara era un’educatrice amata da tutti – ricorda il parroco – e quest’anno gli animatori mi hanno detto di essersi impegnati con i ragazzi proprio come avrebbe fatto lei, con la sua solarità e con il suo stile». Una Messa animata e cantata «come se fossimo a un campo», con l’omelia corale «fatta insieme ai ragazzi, dove il commento alle letture si è cucito con i loro pensieri e ricordi – ci spiega sempre don Roberto –. Non siamo fermi a ieri, ma viviamo oggi e guardiamo a domani, sentendo Chiara in mezzo a noi. Ci riconosciamo una sola famiglia: colpiti ma non abbattuti, consapevoli che il Signore fa cose grandi anche attraverso l’incomprensibile». Chiara, allora, continua a vivere nell’affetto di tutti coloro che l’hanno conosciuta. Come l’Istituto alberghiero di Monte Olimpino, che frequentava con passione ed entusiasmo e che le ha dedicato i laboratori del Centro di formazione. E come nei campi estivi del Como Terzo iniziati proprio giovedì. «Come possiamo andare avanti?». È con questo interrogativo che inizia la lettera che Alberto Ballerini, capogruppo del Como Terzo, ha affidato alle pagine del Settimanale diocesano di Como, per raccontare come hanno vissuto quest’ultimo anno, sconvolti dalla morte di Chiara. All’inizio «volevamo metterci al sicuro, non fare più nulla». Ma «sono stati i nostri ragazzi e ragazze scout a spronarci per andare avanti. Per ripartire e non rinchiuderci. Ci hanno permesso di capire che l’Amore donato nel mettersi a loro servizio vale più di qualsiasi cosa». Ecco, allora, il coraggio, di riprendere il cammino, insieme a Chiara, in un “campo di Gruppo”, dove sono presenti i diversi reparti e branche, per un Como Terzo che si prepara a tagliare il traguardo dei 60 anni di vita. «Questo campo – scrive ancora Ballerini – vuole essere un primo passo per vivere ancora quelle sensazioni che sono state brutalmente interrotte l’anno scorso, con l’aiuto di ragazzi e genitori… E sappiamo che accanto a noi, su ogni sentiero e strada, Chiara ci accompagnerà sempre. Perché l’Amore che ci ha donato non scompare, quello vince tutto. Nel suo ricordo e con la certezza che lei è con noi».
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