Smart working, cosa succede per i super fragili dal 30 settembreL'intervista«Come se ne esce?Guglielmo Non esiste una soluzione militare a un problema politico»Le uccisioni chirurgiche di Fuad Shukr e Ismail Haniyeh, il rischio che Israele e Iran si scontrino apertamente dando vita a una guerra totale nella regione, il ruolo degli Stati Uniti e quello della Cina: la parola all'esperto Lorenzo Kamel© ABEDIN TAHERKENAREH Marcello Pelizzari31.07.2024 17:00Prima, il raid nel cuore di Beirut. Con l’uccisione del numero due di Hezbollah Fuad Shukr. Poche ore piùtardi, un’altra “eliminazione mirata”. A Teheran, dove a morire è stato il leader politico di Hamas Ismail Haniyeh. Due nemici di Israele. Due figure, diriflesso, vicine all’Iran. Come interpretare quest’ultima, doppia svolta nellevicende del Medio Oriente? E davvero, ora più che mai, siamo vicini a unacosiddetta guerra totale nella regione? Per capirne di più ci siamo rivolti aLorenzo Kamel, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Universitàdegli Studi di Torino.Professore, riavvolgiamoil nastro innanzitutto: nel giro di poche ore, l’asse anti-Israele ha perso duefigure chiave. Teheran, dunque, reagirà in maniera diretta, come lo scorsoaprile, abbandonando la sua strategia di guerra per procura?«La rappresaglia iraniana dopo l’attaccoall’Ambasciata di Damasco, avvenuta lo scorso aprile, è stata volutamentelimitata negli obiettivi e circoscritta alla volontà di ripristinare unacapacità di deterrenza. In passato, l’omicidio del generale Qasem Soleimani el’uccisione di numerosi scienziati nucleari iraniani, per limitarsi a dueesempi, non hanno spinto Teheran a intervenire in maniera più strutturata ediretta. Non sarà l’omicidio di Ismail Haniyeh, per quanto gravido diconseguenze, a cambiare lo scenario. Le autorità iraniane risponderanno aquello che percepiscono come un grave smacco, ma sanno bene che Netanyahu hainteresse, non ultimo per una questione di personale sopravvivenza politica, ainnescare una escalation che potrebbe sfociare in una guerra regionale,trascinando dentro anche gli Stati Uniti, finalizzata a imporre un nuovoequilibrio che possa ripristinare lo status e la libertà di manovra di Israele».A proposito di Haniyeh:era, soprattutto, il volto politico dell’organizzazione. Quali le sue origini? «Haniyeh, considerato da molticome un interlocutore più moderato e pragmatico rispetto ai leader dell’alaarmata di Hamas, era stato a lungo vicino a uno dei principali fondatori diHamas, Ahmed Yassin. Quest’ultimo, nato nel 1936, aveva 12 anni quando venneespulso dalla sua casa ad al-Jura, un villaggio che – prima di essere raso alsuolo dall’esercito israeliano – era sito nelle vicinanze di Ashkelon. La suafamiglia venne trasferita nel campo profughi di al-Shati, sulla costa dellastriscia di Gaza. Anche la famiglia del futuro capo politico di Hamas venneespulsa dall’area dell’odierna Ashkelon e finì nel campo profughi di al-Shati,dove nel 1962 nacque Ismail Haniyeh».Quali ripercussioniavrà la sua morte sui negoziati per il rilascio degli ostaggi e un cessate ilfuoco a Gaza?«L’omicidio di Haniyeh, che siera mostrato sorridente dopo l’attentato dello scorso 7 ottobre, fa guadagnarea Netanyahu diverse settimane, se non mesi. In questo lasso temporale non cisarà alcuna reale aspettativa per il raggiungimento di un cessate il fuoco, cheavrebbe portato anche al rilascio degli ostaggi israeliani ancora in vita. Illoro rilascio rappresenta un’assoluta priorità. Vorrei, al contempo, ricordareche almeno 5.900 palestinesi sono in “administrative detention”: detenuti senzaalcun processo né accusa. Non di rado le loro famiglie non sanno nulla di loroper mesi o anni e la Croce Rossa ha più volte denunciato il fatto che viene loroimpedito di visitarli. Tale situazione è peggiorata in modo esponenziale aseguito dell’attentato compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023, ma era ben presenteanche prima di allora». Qual è la situazionea Gaza?«Di Gaza, dove continuano imassacri e la popolazione, composta per metà da bambini, è soggetta a epidemiedevastanti, si parla sempre meno. Le Nazioni Unite hanno documentato che nessunaltro conflitto armato del ventunesimo secolo ha conosciuto un impatto cosìdevastante su una popolazione in un arco di tempo così breve. L’86% dellaStriscia di Gaza è interessata da ordini di evacuazione e larga parte deipalestinesi non ha un habitat nel quale tornare. Ciò è parte di una precisa eben documentata strategia».Le operazioni “chirurgiche” coinvolgono molto spesso anche numerosi civili e non di rado si accompagnano all’uso di bombe al fosforo bianco, come avviene nel sud del LibanoE in Cisgiordania?«La violenza dei coloni, visibileda decenni, non potrebbe esistere senza uno Stato che la consente e che traegiovamento dalla situazione in loco. Al di là di qualche frase di circostanza,non sembra che i nostri Paesi, in Europa, siano disposti a esercitare pressioniconcrete per cambiare la situazione, come per contro avviene in Crimea e inaltri contesti».È stato sottolineatoda più parti, in queste ore, come Israele difficilmente potrebbe sostenere unosforzo bellico a Gaza e, contemporaneamente, a nord contro Hezbollah. Dovremoallora aspettarci più operazioni chirurgiche e di intelligence, come quelleappena consumatesi, per eliminare obiettivi specifici?«Le operazioni “chirurgiche”coinvolgono molto spesso anche numerosi civili e non di rado si accompagnanoall’uso di bombe al fosforo bianco, come avviene nel sud del Libano: interearee sono state rese inabitabili a causa dell’inquinamento del suolo che nederiva. Centinaia di migliaia di persone, nel nord di Israele e nel sud delLibano, sono state costrette a sfollare. Ciò premesso, il 99% delle armiimportate da Israele proviene da due Paesi: Stati Uniti e Germania. La capacitàdi sostenere lo sforzo bellico dipenderà dall’esito delle elezioni di novembrenegli Stati Uniti e, più in generale, dalla volontà di Washington e Berlino dicontinuare o meno a fornire carta bianca alle autorità israeliane. La Corteinternazionale di giustizia (CIG) e la Corte penale internazionale (CPI) sisono espresse in termini chiari, ma potrebbe non bastare». Ultimo aspetto: laCina, venendo alle grandi potenze, ha subito condannato l’uccisione di Haniyeh.Qual è e quale potrebbe essere il ruolo di Pechino rispetto alla crisi attuale?«Esistono legami millenari tra laCina e i cosiddetti Paesi arabi. In un hadith del profeta Maometto, che ècontestato da alcuni studiosi musulmani, viene suggerito di cercare “laconoscenza anche se in Cina, perché la ricerca della conoscenza è incombente suogni musulmano”. Pechino lavora a una de-escalation. Una ulterioredestabilizzazione regionale avrebbe infatti un impatto su suoi scambi economicie commerciali. A gennaio 2023 Arab Barometer ha condotto un sondaggio in dieci Paesidel Medio Oriente e del Nord Africa. In nove di quei Paesi, tutti tranne ilMarocco, la Cina è risultata essere più popolare rispetto agli Stati Uniti. Leautorità cinesi ne sono consapevoli e continueranno a fare il possibile pertrarne dei vantaggi economici e politici».Come se ne esce,allora?«Non esiste una soluzionemilitare a quello che è un problema politico. Finché le varie parti in causanon si convinceranno di questo, il rischio di un conflitto regionale o ancheextraregionale sarà sempre più probabile. L’idea di guerra totale, fino allaresa “senza condizioni”, è un prodotto della tragica storia delle guerremondiali, quelle che hanno causato il maggior numero di morti nella storiadell’umanità. La storia, anche di quest’ultimo secolo, mostra numerosi esempidi guerre conclusesi senza vincitori e vinti: dalla guerra Russo-Giapponese del1904 a quella di Corea del 1953, passando per il Vietnam, le isole Falkland, laguerra Iran-Iraq e quella in Bosnia. Il nostro ruolo di intellettuali eoperatori dei media penso sia anche quello di decostruire queste visioniassolutiste, da sempre foriere di catastrofi epocali».In questo articolo: IsraeleIranGuerra Israele HamasCinaStati UnitiHezbollahHamas
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