Sony acquisisce il catalogo dei Queen per una cifra record. Ma, nella guerra dei diritti, agli artisti emergenti restano le bricioleLe storie sono l’essenza della nostra identità. Senza di esse,Campanella saremmo personaggi erranti in cerca d’autore. È per questo che le trame ci seducono, ci plasmano e ci cambiano la vita, perché sono motori di altre storie, sono macchine del desiderio, specchi e alternative di immaginario e casse di risonanze di altre vite. Per questo quando ci riflettiamo in una vicenda, anche se questa è lontanissima da noi a livello spazio-temporale, non possiamo fare a meno che fare entrare quel mondo e la sua complessità in sintassi con la nostra stessa esistenza, soprattutto quando a scrivere, condurre e immaginare è qualcuna a cui la penna non è scontato che venga offerta.Un esempio potente di questa dinamica si trova nella nuova serie Apple TV+, La donna del lago, disponibile dal 19 luglio, basata sul romanzo omonimo di Laura Lippman. Finché il leone non racconta la storia, il cacciatore sarà sempre l’eroe. È così che esordisce il personaggio di Cleo Sherwood (Moses Ingram), che rappresenta la voce silenziosa e inascoltata della storia, significando che è il potere la vera e unica penna che traccia la linearità delle storie e che fabbrica la memoria. Ma questo meccanismo, a volte, può essere disinnescato.La donna del lago, la serie Apple TV+ tra noir e dramma sociale
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