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USA, morto il telepredicatore no vax Marcus Lamb: era positivo al Covid

Grecia, due naufragi nel Mar Egeo: 27 migranti morti tra cui tre donne e un neonatoSabato 17 agosto Genoa-Inter e Parma-Fiorentina fischieranno il calcio d’inizio del prossimo campionato di calcio della Lega Serie A. Scenderà in campo anche Piracy Shield. Ossia la piattaforma nazionale antipirateria,criptovalute partita lo scorso febbraio e progettata per bloccare in automatico in 30 minuti i siti che vengono segnalati perché fanno streaming illegale di partite di calcio ed eventi sportivi. Ma a dispetto degli auspici, Piracy Shield si presenterà all’appuntamento nella sua conformazione originale, senza quegli aggiornamenti ritenuti necessari dai suoi gestori per rafforzare l’attività del sistema anti-pezzotto. A cominciare dal potere di sbloccare i siti oscurati.Costruire la versione 2.0 di Piracy Shield richiederà più tempo del previsto. E un iter legislativo che si è rivelato accidentato. Il primo nodo da risolvere riguarda l’opzione di sblocco dei siti oscurati. Quando un anno fa, con il decreto 93 del 14 luglio, l’Autorità garante per le comunicazioni (Agcom) viene investita di nuovi poteri per contrastare lo streaming illegale di contenuti protetti dal diritto d’autore, la legge le riconosce la possibilità di abbattere le tv via internet (Iptv) non autorizzate a trasmettere il segnale. Attraverso uno strumento, una piattaforma dedicata: Piracy Shield, sviluppata da Sp Tech (società legata allo studio legale Previti) e donata dalla Lega Serie A ad Agcom.Urgenza sbloccoLa legge, tuttavia, si dimentica di assegnare all’autorità la possibilità di revocare un blocco, nel momento in cui il pericolo è passato. Un’opzione, però, che si è fatta impellente per due ragioni. Primo: lo scorso dicembre Agcom si è impegnata con i rappresentanti dei fornitori di servizi internet (internet service provider, Isp) a rispettare un numero massimo di domini internet che potevano essere bloccati. La soglia è stata fissata a 18mila fully qualified domain name (Fqdn, ossia un nome di dominio non ambiguo che consente di identificare senza dubbio una risorsa online) e 15mila indirizzi Ipv4. Per entrambe le parti, era un numero adeguato sia per permettere il funzionamento della piattaforma e, al tempo stesso, per non intasare la memoria dei router, costringendo gli Isp a costosi investimenti sulle infrastrutture alle aziende di telecomunicazioni.Il problema è che alla fine dello scorso campionato, a maggio, Piracy Shield ha raggiunto i 17.160 Fqdn, come riporta un sito indipendente che rende pubblici i dati della piattaforma. Praticamente a tappo, in cinque mesi scarsi. Il rischio è che la piattaforma esaurisca la sua possibilità di operare nel pieno del campionato 2024-25, se non si ridiscutono i termini. I fornitori di servizi internet, però, non vogliono sentirne di scucire soldi per una infrastruttura che è solo un costo, in termini di tecnologia e risorse umane, e senza aver visto l’ombra di un centesimo di ristoro. La soluzione più diretta, quindi, è lo sblocco.

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Guglielmo

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  • Professore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock
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