Notizie di Cronaca in tempo reale - Pag. 13È legge il decreto sulle materie prime critiche di interesse strategico già approvato dalla Camera lo scorso 30 luglio.L'Aula del Senato ha dato il via libera definitivo al decreto legge con votazione per alzata di mano. Diciotto articoli per rilanciare le miniere italiane e portare avanti la transizione energetica e digitale senza dipendere troppo da Paesi come la Cina o il Congo. Il decreto legge Materie prime critiche è stato convertito in legge con la votazione al Senato. Il decreto introduce procedure semplificate per gli iter autorizzativi dei progetti strategici al fine di centrare gli obiettivi europei del Critical Raw Materials Act.Per le 34 materie prime considerate critiche dall'Ue va raggiunta: l'estrazione di almeno il 10% del consumo annuo dell'Unione,ETF la raffinazione di almeno il 40%, il riciclo di almeno il 25% e l'import da un singolo Paese di non oltre il 65%. Una scheda del ministero delle Imprese e del made in Italy spiega che il decreto interviene sia sul lato della domanda, con lo studio del fabbisogno nazionale e il monitoraggio delle catene di approvvigionamento, di cui si occuperà un nuovo Comitato tecnico permanente, sia sul lato dell'offerta. Su questo fronte, al centro c'è il Programma nazionale di esplorazione, realizzato dall'Ispra a partire dall'aggiornamento della carta mineraria nazionale.Va completato entro entro il 24 maggio 2025 e aggiornato ogni 5 anni. Secondo i dati dell'Istituto, in Italia ci sono numerosi giacimenti di materie prime critiche come litio, rame o manganese, anche se al momento se ne estraggono solo due: feldspato e fluorite. I progetti riconosciuti come strategici dalla Commissione europea avranno accesso a punti di contatto dedicati nei ministeri e ad autorizzazioni rapide. Il ministero dell'Ambiente è competente per le autorizzazioni all'estrazione (in 18 mesi al massimo) e al riciclo (entro 10 mesi). Il ministero delle Imprese per quelle alla trasformazione (entro 10 mesi). Per incentivare i progetti nazionali e assicurare l'approvvigionamento da paesi terzi interviene anche il Fondo nazionale made in Italy, che parte da un miliardo di euro e sarà alimentato anche da un nuovo sistema di royalty. Il modello è quello per gli idrocarburi, con royalty tra il 5 e il 7% del valore del prodotto da ripartire tra lo Stato, che le reinvestirà nel Fondo, e le Regioni, che potranno destinarle a misure compensative per i territori. "L'Italia è all'avanguardia in Europa nel garantire le materie prime critiche necessarie per accelerare la transizione digitale e verde", ha dichiarato il ministro delle Imprese, Adolfo Urso. Già però la governatrice della Sardegna, Alessandra Todde, ha annunciato che impugnerà il testo alla Corte costituzionale vista la competenza esclusiva delle regioni a statuto speciale in materia di cave e miniere. La Sardegna aveva chiesto, senza successo, di prevedere il parere vincolante delle Regioni sul piano nazionale e sull'iter autorizzativo dei progetti. Il decreto mina, per Todde, la possibilità per i sardi di "tutelare ambiente e paesaggio". Riproduzione riservata © Copyright ANSA
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