Inizia il Mondiale di Formula 1. Ma non vediamo l’ora che finiscaLa situazione climatica è in netto peggioramento a partire dai ghiacciai di tutto il globo. Ma una piccola speranza esiste ancora. Potremmo limitare l’aumento della temperatura a non più di 2°C rispetto al periodo preindustriale Sono stati scoperti 19mila vulcani sottomarini. Conoscerli uno a uno è fondamentale Cosa sarà dell’esplorazione umana dello spazio vicino alla Terra quando la ISS verrà distrutta?Professore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock Varie società spaziali avanzano ipotesi di costruzioni di stazioni orbitanti private. Anche l’europea Airbus ha avanzato la sua Gli ultimi otto anni sono stati i più caldi mai registrati in tempi moderni, mentre le concentrazioni di gas serra, come l’anidride carbonica, hanno raggiunto nuovi picchi e nuovi record. Conseguenza di tutto ciò è anche il fatto che lo scorso anno i ghiacciai del nostro pianeta si sono fusi ad una velocità drammatica e salvarli sembra ormai una causa persa: lo ha affermato l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni unite. L’allarme dell’Omm VWPics via AP Images In una nota si legge: «Il ghiaccio marino antartico è sceso alla sua estensione più bassa mai registrata e la fusione di alcuni ghiacciai europei è stata, letteralmente, fuori scala». Anche il livello del mare è record, in quanto tra il 2013 e il 2022 è aumentato in media di 4,62 millimetri all’anno, il doppio del tasso annuo misurato tra il 1993 e il 2002. Temperature record sono state registrate negli oceani, dove finisce circa il 90 percento del calore intrappolato sulla Terra dai gas serra. L’accordo di Parigi del 2015 ha visto molti paesi concordare nel voler limitare il riscaldamento globale «ben al di sotto» di due gradi Celsius rispetto ai livelli medi misurati tra il 1850 e il 1900, e se possibile di non superare gli 1,5°C. Ma la temperatura media globale nel 2022 è stata di 1,15°C al di sopra della media del 1850-1900, afferma il rapporto dell’Omm, e dunque l’obiettivo minimo sembra allontanarsi sempre più. Le temperature medie globali negli ultimi otto anni hanno segnato record nonostante un raffreddamento della temperatura terrestre legato al fenomeno meteorologico prolungato de La Nina, che si è protratto per quasi la metà di questo periodo. Nonostante tali dati le concentrazioni di gas serra hanno raggiunto nuovi massimi nel 2021. La concentrazione di anidride carbonica ha raggiunto 415,7 parti per milione a livello globale, ovvero il 149 per cento in più rispetto al livello preindustriale (1850), mentre il metano ha raggiunto il 262 per cento in più e il protossido di azoto ha raggiunto il 124 per cento in più. I dati indicano che hanno continuato ad aumentare nel 2022. Gli oltre 40 ghiacciai di riferimento del nostro pianeta, quelli per i quali esistono osservazioni a lungo termine, hanno registrato una perdita di spessore media di oltre 1,3 metri tra ottobre 2021 e ottobre 2022, una perdita molto maggiore della media dell’ultimo decennio. La perdita di spessore cumulata dal 1970 ammonta a quasi 30 metri. In Europa, le Alpi hanno battuto i record di fusione dei ghiacciai a causa di una combinazione di poca neve invernale, un’intrusione di polvere sahariana nel marzo 2022 e ondate di caldo tra maggio e inizio settembre. «Abbiamo già perso la battaglia contro la fusione dei ghiacciai, perché abbiamo già una concentrazione così alta di CO2 che impedisce ogni rivalsa», ha detto il responsabile dell’Omm Petteri Taalas. Nelle Alpi svizzere, «l’estate scorsa abbiamo perso il 6,2 per cento della massa dei ghiacciai, che è la quantità più alta da quando sono iniziate le registrazioni. Questo è grave», ha detto, spiegando che la scomparsa dei ghiacciai limiterà l’approvvigionamento di acqua dolce per l’uomo e per l’agricoltura, e danneggerà anche i collegamenti di trasporto se i fiumi diventeranno meno navigabili. «Molti dei ghiacciai montani scompariranno e anche il restringimento dei ghiacciai dell’Antartide e della Groenlandia continuerà a lungo termine, a meno che non creiamo un mezzo per rimuovere la CO2 dall’atmosfera», ha affermato. Nonostante le cattive notizie del rapporto, Taalas ha affermato che c’è comunque un pizzico di ottimismo: «I mezzi per combattere il cambiamento climatico stanno diventando più convenienti con l’energia verde che sta divenendo più economica dei combustibili fossili, mentre il mondo sta sviluppando metodi di mitigazione sempre più interessanti. Il pianeta non si sta più dirigendo verso un riscaldamento di 3-5°C, come previsto nel 2014, ma in ogni caso è sulla buona strada per un riscaldamento di 2,5-3°C. Se ce la mettessimo tutta saremmo ancora in grado di raggiungere un riscaldamento inferiore all’1,5°C». Taalas ha sottolineato come 32 paesi che hanno ridotto le loro emissioni, abbiano economie ancora in crescita. «Non esiste più un collegamento automatico tra crescita economica e crescita delle emissioni», ha affermato, «praticamente tutti parlano del cambiamento climatico come di un problema serio e molti paesi hanno iniziato ad agire». Purtroppo ne mancano ancora molti per avere risultati ottimali. AmbientePer l’energia le temperature contano, come le dimensioni per i rinocerontiLuigi Bignamidivulgatore I vulcani sconosciuti AP Un gruppo di oceanografi della Scripps Institution of Oceanography, in collaborazione con colleghi della Chungnam National University e dell’università delle Hawaii, ha scoperto e mappato 19mila vulcani sottomarini precedentemente sconosciuti presenti negli oceani del pianeta, utilizzando dati satellitari radar. Nell’articolo pubblicato sulla rivista Earth and Space Science, il gruppo descrive come sia riuscito, utilizzando i dati radar dei satelliti, a misurare variazioni importanti del livello dell’acqua marina per trovare e mappare i vulcani sottomarini e spiega perché è importante che ciò avvenga. Il fondo oceanico, così come avviene sulla terraferma, presenta un’ampia varietà nella sua morfologia. E come per la terraferma, le caratteristiche che risaltano davvero sono le montagne. E proprio sulla terraferma, tali montagne possono essere generate dallo scontro delle zolle terrestri che interagiscono tra loro, allontanandosi o scontrandosi, o da eruzioni vulcaniche. Attualmente, solo un quarto del fondale marino è stato mappato, il che significa che nessuno sa quante montagne sottomarine esistono realmente e dove «sono cresciute». Questo può essere un problema per i sottomarini: è noto che almeno due volte i sommergibili statunitensi si sono scontrati con montagne sottomarine, mettendo a rischio il loro equipaggio. Non sapere dove si trovano le montagne sottomarine impedisce poi agli oceanografi di creare modelli che descrivano il flusso di acque oceaniche dell’intero pianeta. Il gruppo di ricerca ha utilizzato i dati dei satelliti radar. Tali satelliti non possono realmente vedere le montagne sottomarine, ovviamente, ma sono in grado di misurare la quota della superficie del mare, che varia a causa dei cambiamenti dell’attrazione gravitazionale correlata alla topografia del fondo marino. «i ricercatori hanno trovato 19mila montagne sottomarine precedentemente sconosciute, soprattutto vulcani. Nel loro documento, i ricercatori osservano che mappare i fondali oceanici ha altre ricadute importanti: le montagne sottomarine ospitano grandi quantità di minerali di “terre rare”. Inoltre la distribuzione di vulcani e montagne al di sotto del livello del mare aiuta i geologi a definire con maggiore precisione i confini delle placche tettoniche del pianeta e il campo geomagnetico. Inoltre, alcune montagne sottomarine forniscono un habitat unico per una vasta gamma di vita marina che al momento risulta quasi sconosciuta. Ma soprattutto hanno un impatto molto forte sul flusso oceanico delle acque profonde. Quando le correnti si imbattono sulle montagne sottomarine, vengono spinte verso l’alto, portando con sé acqua più fredda che si mescola con quella sovrastante. La mappatura di tali correnti è diventata sempre più importante poiché gli oceani assorbono calore e anidride carbonica dall’atmosfera e le correnti hanno un ruolo fondamentale per la loro distribuzione. AmbienteÈ tempo di prepararsi alle grandi eruzioni vulcanicheLuigi Bignamidivulgatore Una stazione spaziale avveniristica Ikon Images via AP Dal 2000 gli astronauti vivono e lavorano a bordo della Iss (Stazione spaziale internazionale), progettata per una durata di vita di 15 anni. Ha ormai da tempo superato tale periodo e dunque il suo abbandono è previsto verso la fine di questo decennio, anche se le strutture sembrano resistere senza grossi problemi. Un’altra stazione spaziale costruita dalla Cina è stata da poco assemblata nello spazio e dunque potrà vivere ancora a lungo. In ogni caso sono diverse le società private che hanno avanzato progetti per nuove stazioni spaziali, più agevoli da costruire, ma anche più vivibili per gli astronauti. Airbus, il gigante aerospaziale europeo, ha presentato un nuovo concetto di habitat spaziale che sarà più ampio e confortevole rispetto alle stazioni spaziali esistenti. Il modulo orbitale multiuso, chiamato Loop, ha tre ponti personalizzabili collegati tra loro tramite un tunnel centrale, circondato da una serra. L’habitat orbitale è progettato per un equipaggio di quattro persone, ma potrebbe essere adattato per ospitare fino a otto viaggiatori spaziali. Con un diametro di otto metri, Loop è progettato per adattarsi alla carenatura della prossima generazione di lanciatori superpesanti, come Spaceship di SpaceX, e quindi potrebbe essere portato nello spazio con un solo lancio ed essere abitato immediatamente dopo aver raggiunto l’orbita. Nella sua configurazione di base, Loop presenta un ponte abitativo, un ponte scientifico e un ponte centrifuga, dove si produce gravità artificiale e dove quindi, gli abitanti possono ricevere un sollievo temporaneo dalle condizioni di gravità zero. Il corpo umano infatti si deteriora rapidamente in assenza di gravità, con muscoli e ossa che alterano le loro caratteristiche a causa del disuso. L’assenza di gravità confonde il sistema nervoso umano e l’orientamento spaziale, il che spesso provoca nausea. «Loop è progettata per rendere i soggiorni a lungo termine nello spazio confortevoli e piacevoli per i suoi abitanti, supportando allo stesso tempo operazioni efficienti e sostenibili», ha affermato Airbus. «Si può costruire una tale stazione orbitante grazie a tutto ciò che è stato appreso nel corso dei decenni di esplorazione umana nello spazio e sfruttare appieno il potenziale delle tecnologie oggi a disposizione senza dover immaginare nuove ricerche. Tale stazione potrebbe supportare al meglio il futuro dell’umanità nello spazio: in orbita terrestre bassa o lunare o in missioni a lungo termine su Marte». Stando ad Airbus, Loop potrebbe essere pronta a volare nei primi anni del 2030. L’azienda è attualmente responsabile della costruzione degli Orion Service Modules, ossia del moduli di servizio della navicella della Nasa ideata per portare gli uomini attorno alla Luna del programma Artemis. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediLuigi Bignami
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