Lutto nel Pd, Federico Pacciani è morto a 37 anni: era candidato al consiglio comunale a SienaMusicaConcerti e open air da record in Svizzera,Campanella ma quanto costa il biglietto?In media, in Svizzera si spendono quasi 90 franchi per un singolo ticket – Gabriele Censi, organizzatore di eventi, parla di «Effetto Coldplay»: «Ci si aspetta sempre di più e anche gli artisti hanno bisogno di costruirsi uno show»© Marius Becker Luca Faranda31.07.2024 06:00Da «Swifties» a «Sheerios» il passo è breve. Zurigo, dopo aver accolto i due concerti di Taylor Swift, si prepara al ritorno di un’altra superstar: Ed Sheeran. Il popolare cantautore britannico tornerà in Svizzera nell’agosto del 2025 per un doppio appuntamento al Letzigrund. I biglietti, disponibili da pochi giorni, stanno andando a ruba e si prevede già il tutto esaurito. Proprio come due anni fa, l’ultima volta che si esibì a Zurigo.Nel 2022, tuttavia, un biglietto in piedi si aggirava attorno ai 110 franchi. Ora, il prezzo minimo supera i 128 franchi. In quest’epoca di rincari, i grandi eventi non sono stati certo risparmiati e anche gli appassionati di musica dal vivo ne pagano le conseguenze: che si tratti di open air, oppure di concerti, i costi superano spesso i 100 franchi. Per i festival, la musica non cambia: nel 2012, a titolo di confronto, un pass per sei giorni al Paléo di Nyon costava 325 franchi. Oggi bisogna sborsarne 420. I tre giorni al Greenfield Festival di Interlaken costavano 198 franchi (oggi 238), mentre al Gurten Festival di Berna il biglietto per quattro giorni si aggirava sui 200 franchi, mentre ora raggiunge i 339 franchi.Non sono casi isolatiPurtroppo, non si tratta di casi isolati. I prezzi dei biglietti, nel 2023, sono aumentati di oltre il 12% rispetto al 2019, periodo precedente la pandemia di coronavirus, secondo la Swiss Music Promoters Association (SMPA), l’associazione di categoria che raggruppa i promotori di concerti, spettacoli e festival musicali in Svizzera. Il prezzo medio di un biglietto è salito a 89,86 franchi, il 3,9% in più rispetto all’anno precedente. Solo dieci anni fa, nel 2014, in media si spendevano 79,42 franchi per ticket.Non si vive di solo streamingI motivi di questi incrementi sono molteplici. E riguardano anche gli artisti stessi: in passato, i cantanti si esibivano per vendere più dischi, mentre ora il mercato è totalmente cambiato. Gli introiti in questo ambito, con la diffusione della musica in streaming, sono quasi nulli e dunque gli artisti si concentrano sui “live”, che rappresentano la principale fonte di incasso. Il cachet, soprattutto per i nomi più in voga, è spesso elevatissimo. Secondo il domenicale Sonntagszeitung, l’incremento dei prezzi dei biglietti è in parte dovuto al forte innalzamento di questa voce di spesa. Stando alle stime del settore, una performance che 20 anni fa prevedeva un compenso di 50 mila franchi, oggi viene pagato tra i 250 e i 500 mila franchi. «Dipende da quale artista è in voga in quel momento. I prezzi possono variare di molto ed è difficile fare una vera stima», ci spiega Gabriele Censi, organizzatore di eventi, spettacoli e concerti - tra cui Castle on Air a Bellinzona - e direttore di GC Events. «A cambiare molto, nel corso degli ultimi anni, è stato soprattutto il primo cachet: ovvero quello dell’artista giovane», aggiunge Censi. «Una volta c’erano meno pretese, mentre ora, anche a causa dell’influenza dei social che esaltano questi personaggi, i costi per ingaggiare un cantante sono molto più elevati considerando la carriera artistica avuta fino a quel momento. È anche capitato che molti giovani chiedessero un importante cachet, poi l’anno seguente o non cantavano più oppure le richieste erano dimezzate poiché non avevano più mercato». Aspettative elevateC’è inoltre un aspetto che non va sottovalutato: l’esigenza del pubblico. «Negli ultimi anni è cambiato il modo di vivere il concerto. Io lo chiamo “Effetto Coldplay” (la band britannica è nota per il tripudio di colori, luci ed effetti nei suoi concerti, ndr)», sottolinea il promoter, secondo cui il pubblico si aspetta sempre di più, tra effetti speciali, luci, coreografie, «led wall» e maxischermi. «Ma è un’esigenza anche degli artisti: hanno bisogno di costruirsi uno show, anziché concentrarsi sulla prestazione personale. Questo, però, abitua il pubblico malamente e fa aumentare (o impennare, ndr) i prezzi». Ci sono tuttavia festival nei quali i biglietti vanno a ruba ancor prima che i nomi degli artisti vengano pubblicati: un esempio è il Paléo di Nyon, ma anche l’OpenAir di San Gallo, uno dei più longevi della Svizzera tedesca. Il «line-up», in questi casi, non è essenziale: agli spettatori basta sapere che c’è buona musica e c’è grande fiducia nelle scelte degli organizzatori. Ma a tutto c’è un limite. E quale sarà il futuro: prezzi sempre più alti per concerti sempre più simili a spettacoli? «Si arriverà a un momento in cui il mercato sarà saturo e gli organizzatori di concerti non riusciranno a tenere il passo delle richieste dei manager che rappresentano gli artisti», prevede Censi, ricordando che pure a Castle on Air spesso hanno rinunciato ad alcuni cantanti a causa delle richieste troppo elevate.«Bisognerà adeguarsi»«Adesso credo che siamo ai massimi storici a livello di richieste da parte dei management. Si può però prendere l’esempio del mercato immobiliare: c’è il rischio di creare una bolla. Se non riesco più a vendere una casa perché il prezzo è inaccessibile, dovrò adeguare verso il basso le richieste. Il pubblico ha voglia di eventi dal vivo, soprattutto dopo la pandemia, ma vediamo anche che molti rinunciano a causa del prezzo. Anche il nostro settore deve capire fino a che punto si vuole correre il rischio», fa notare l’organizzatore di grandi eventi. Anche perché l’imprevisto è dietro l’angolo e a complicare ulteriormente le cose c’è l’incertezza legata al meteo: «È sempre più imprevedibile, il rischio è che il pubblico aspetti fino all’ultimo prima di acquistare il biglietto. Ma un organizzatore di eventi non può attendere gli ultimi giorni per sapere se ci sono 500 persone in più o in meno», spiega Censi, che poi fa l’esempio di Castle on Air. «Abbiamo investito molto su audio, palco e luci. Senza strutture adeguate avremmo dovuto annullare vari concerti a causa del maltempo». A ciò si aggiungono i vari costi, fra cui quelli legati ai diritti musicali, alla promozione, al personale e alla sicurezza: «le norme sono diventate molto più rigide e severe», fa notare Censi. «Il cliente finale vede solo il prezzo, ma non capisce quanti costi si celano dietro ogni evento».Il problema del secondary ticketingBiglietti nominali, controlli di identità e numero massimo di ticket acquistabili. Oppure, il buonsenso. Ecco quali sono le principali soluzioni per cercare di contenere il fenomeno del bagarinaggio, ovvero fare incetta di biglietti con l’obiettivo di rivenderli sul mercato secondario a prezzi maggiorati. A chi non è mai capitato di vedere, attorno al luogo del concerto, i classici cartelloni: «compro/vendo biglietti»? Da anni, questa sorta di mercato si è spostato pure sul web, anche in seguito alla rapida espansione (e alla proliferazione) di piattaforme online. Un esempio è Viagogo (che ha sede anche a Ginevra ed è presente in oltre 60 Paesi), da anni al centro di polemiche e denunce. Nel 2017, la Segreteria di Stato dell’economia aveva accusato Viagogo di non essere trasparente. A suo avviso, non era chiaro che il sito è solo una borsa dei biglietti e non un venditore ufficiale. Il Tribunale federale, nel 2020, ha però sconfessato la SECO. Sul sito web c’è infatti un chiaro avviso: «Siamo il secondary marketplace più grande del mondo per i biglietti di eventi dal vivo. I prezzi sono stabiliti dai venditori e possono essere inferiori o superiori al valore nominale», scrive Viagogo. È dunque colpa degli acquirenti se decidono di acquistare un biglietto a prezzo maggiorato. Sul sito italiano, a differenza di quello elvetico, c’è invece un’avvertenza in più: «È vietato rivendere i biglietti a prezzi superiori rispetto al valore nominale per eventi in Italia». Ma le critiche sulla trasparenza non finiscono qui. Su Viagogo (che spesso, dietro compenso, compare tra i primi risultati di Google), mancano ad esempio informazioni sul prezzo originale dei biglietti e i costi effettivi sono svelati solo alla fine della procedura di acquisto. Anche la Federazione romanda dei consumatori (FRC) si è scagliata contro i metodi di Viagogo. In questo caso, dopo un procedimento durato sei anni, la piattaforma ha deciso lo scorso febbraio di risarcire 807 acquirenti per un totale di 100 mila franchi. Oltre a ciò, si è impegnata a riprogettare il suo sito web svizzero per consentire agli utenti di prendere «decisioni con più cognizione di causa». Oltre ad avvertire che è solo una piattaforma di rivendita, la FRC chiede meno pressione (tramite finestre pop-up) sull’acquirente durante la fase di ordinazione. Contro questi metodi considerati manipolativi - è notizia di pochi giorni fa - ha sporto denuncia penale anche la Fondazione svizzerotedesca per la protezione dei consumatori (SKS).
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