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Morto il fisioterapista Gianluca Ritrovato a Foggia

Potenza, bimba in monopattino travolta da un'auto: non c'è stato niente da fareQuesto è un nuovo numero di La Deutsche Vita,Guglielmo la newsletter di Domani sulla Germania. Per iscriverti alla newsletter in arrivo ogni lunedì pomeriggio clicca qui. Buona lettura. Questa settimana ci dedichiamo al G7 a Schloss Elmau e all’occasione che rappresenta per il cancelliere Olaf Scholz, che sta ancora trovando il suo posto nella geopolica mondiale.  Spazio anche allo scandalo della Documenta, dove ha trovato posto un’opera con allusioni antisemite che ha scatenato reazioni indignate in società e politica.  Liebe Lesende, Ci siamo persi di vista per una settimana, ma speriamo ci vogliate perdonare, visto che al Global Media Forum organizzato da Deutsche Welle a Bonn abbiamo lavorato per voi. Scorrendo verso il basso troverete il risultato del lavoro. Nel frattempo, ieri è iniziato il G7 a Schloss Elmau: per il cancelliere Olaf Scholz è l'occasione per crearsi il profilo di capo di governo autorevole di cui attualmente il capo di governo tedesco difetta. I complimenti di Joe Biden hanno aiutato sicuramente in questo senso. Sui social ha sollevato ironie la scenografia realizzata dal presidente del Freistaat della Baviera Markus Söder per l'arrivo dei leader mondiali. Il governatore prima delle elezioni federali per poco non era diventato il candidato cancelliere conservatore e ancora oggi tanti gli attribuiscono il desiderio di correre nel 2025. Con un'accoglienza in aeroporto dei presidenti di un gruppo di baveresi vestiti con Trachten, i vestiti della tradizione, e delle esibizioni di Schuhplattler, la danza baverese tipica, Söder si è guadagnato una serie di commenti beffardi. «Che tipo di Germania dovrebbe rappresentare?» La Taz ha dedicato questa copertina all'episodio, con il titolo «Finalmente anche i popoli indigeni al G7». Uno dei punti più caldi che saranno discussi al G7 sarà quello del tetto ai prezzi di gas e petrolio da imporre ai russi dal lato della domanda: mentre gli Stati Uniti spingono per portarlo a casa per il petrolio, e su questo Berlino ha mostrato aperture, il governo federale è meno disponibile a dare seguito alla proposta di Mario Draghi sul price cap al prezzo del gas, da cui la Germania continua a essere fortemente dipendente. Lo Spiegel pubblica una cronistoria che racconta come Berlino si sia legata sempre più strettamente a Mosca, fin dai tempi della guerra fredda, per avere gas a buon mercato. Come sostiene anche Max Hoffmann, capo delle news di Dw, nell'intervista che potete leggere più in basso, all'epoca nessuno considerava lavorare con la Russia una scelta sbagliata. Nella scorsa settimana il ministro dell'Economia Robert Habeck ha aumentato il livello di allerta sulla fornitura del gas. Il prossimo passo comporterebbe anche l'aumento ulteriore dei prezzi offerti dai fornitori ai clienti. Per riuscire ad affrontare insieme problemi energetici e cambiamento climatico, Scholz punta sulla creazione di un Club del G7, una nuova alleanza che concluda un accordo commerciale sostenibile a cui possono associarsi nel tempo sempre più stati. L'accordo faciliterebbe lo scambio di prodotti ecosostenibili e la costruzione di infrastrutture green. Il progetto da 600 miliardi di dollari per la costruzione di infrastrutture in tutto il mondo deciso ieri può essere considerato un primo passo in quella direzione. Scholz ha anche bisogno di una soluzione alternativa da proporre a chi, dentro la sua coalizione e all'opposizione, gli chiede di sostenere la transizione ecologica ricollegando alla rete elettrica le centrali nucleari tedesche, mandate in pensione da Angela Merkel nel 2011. Una provocazione, quella di Fdp e Cdu, che riapre lo scontro interno alla maggioranza. Mentre la Linke ha scelto i suoi nuovi segretari, Janine Wissler, che era già segretaria ma ha risentito pesantemente dello scandalo sessuale che si è consumato nel partito nei mesi scorsi, e Martin Schirdewan, nello Schleswig-Holstein si è formata la nuova coalizione di governo verde-nera. Sembrano due temi distanti, ma dall'analisi dell'elezione del partito di sinistra emerge come i nuovi segretari hanno messo soprattutto nel mirino i Verdi. Schirdewan è considerato dai commentatori una scelta razionale e soprattutto prende le distanze dall'ex segretaria Sahra Wagenknecht, le cui convinzioni rossobrune da tempo mettono in imbarazzo il partito. La nuova coppia si propone di combattere «le porcherie della borghesia». Il riferimento a certe politiche dei Verdi, considerate elitarie a sinistra, non è così nascosto. E non è un segreto neanche che gli ecologisti sempre più spesso concludono accordi coi conservatori della Cdu, com'è avvenuto di recente in Schleswig-Holstein. Lo Spiegel si chiede già se si stratta della «coalizione del futuro», soprattutto nella Germania occidentale. Una combinazione che aiuta soprattutto i Verdi, che elezione dopo elezione hanno migliorato i loro risultati rispetto ai partner e ora possono contare anche sugli ottimi sondaggi che raccolgono a livello nazionale i due ministri Annalena Baerbock e Robert Habeck. D'altra parte, però, come sottolinea la taz, le alleanze dei Verdi finiscono troppo spesso in compromessi che li rendono poco efficaci: «Troppo forti per essere radicali», è l'eloquente titolo di un editoriale di Tobias Schulze. A creare un caso nelle scorse settimane è stata anche la mostra della Documenta, una delle esposizioni di arte contemporanea più importanti del paese, che ha luogo ogni cinque anni. Nell'edizione di quest'anno ha fatto scalpore l'opera del gruppo indonesiano Taring Padi in cui è rappresentato un maiale con una stella di Davide che indossa un elmetto con la scritta "Mossad" e un uomo con i Payot, i cernecchi che caratterizzano gli ebrei ortodossi, gli occhi iniettati di sangue, il naso adunco, i denti da animale feroce e rune delle Ss sul cappello. L'installazione è stata rimossa e il gruppo di curatori e il direttore della Documenta si sono scusati. Gli autori hanno spiegato che l'opera voleva rappresentare le ingiustizie e le difficili condizioni di vita in una dittatura. La comunità ebraica ha subito denunciato l'opera e l'episodio ha creato grande imbarazzo al ministero della Cultura, dove la ministra verde Claudia Roth ha chiesto che venga fatta chiarezza sulla scelta delle opere da esporre, pur avendo benedetto lei stessa la mostra prima dell'inizio: il cancelliere Scholz ha scelto addirittura di non visitare la mostra dopo lo scandalo, spiegando di ritenere «l'opera in questione ripugnante e giusto che venga rimossa. In Germania non c'è spazio per rappresentazioni antisemite, nemmeno a un'esposizione d'arte». Dopo quasi un mese di abbonamento mensile a 9 euro (e un'esperienza in prima persona della redazione della Deutsche Vita che ha perso tutte le coincidenze possibili in un viaggio dominato da ritardi e disagi) lo Spiegel pubblica un primo bilancio dell'iniziativa del governo, che secondo il settimanale aiuta le fasce meno ricche della popolazione, ma non è un vero sostegno alla lotta contro il cambiamento climatico. Il motivo è che l'abbonamento a prezzo ridotto non ha avuto pressoché nessun effetto sull'utilizzo dell'automobile da parte dei tedeschi, anche nelle città in cui i mezzi pubblici sono efficienti. A metà giugno a Francoforte, Amburgo, Kassel e Lipsia veniva contato sulle strade esattamente lo stesso numero di auto che a fine maggio. Secondo un intervisto sentito dallo Spiegel, i due terzi dei tedeschi non sono minimamente sensibili a qualsiasi offerta che riguardi i mezzi pubblici, principalmente a causa di un'offerta insoddisfacente o per abitudine. Vi segnaliamo qui le tre interviste che abbiamo raccolto al Global Media Forum di Deutsche Welle. Tre punti di vista diversi che però contribuiscono a una prospettiva alternativa su diverse tematiche. La prima è quella a Mikhail Zygar, fondatore di Dozhd, un canale di opposizione alla propaganda putiniana. La seconda è quella a Adenike Oladosu, che ci ha detto la sua sul legame inscindibile tra parità tra sessi e giustizia climatica. La terza apre una finestra sulla Germania del dopo Merkel: con Max Hoffmann, capo delle news di Deutsche Welle, abbiamo parlato delle conseguenze dei sedici anni di cancellierato sulla geopolitica tedesca, ma anche dei primi mesi di coalizione semaforo. Vi aspetto la prossima settimana con le vostre idee e spunti per La Deutsche Vita, se siete interessati e volete intervenire, potete scrivere a [email protected]. Grazie e a presto! Lisa Di Giuseppe © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediLisa Di Giuseppe Scrivo di politica, economia ed esteri (soprattutto Germania). Ho lavorato per Reuters, La7, Corriere della Sera e Public Policy. Su Twitter sono @sallisbeth

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