Domani: «Niente processo all'informazione, Meloni ritira la querela» | FNSI - Domani: «Niente processo all'informazione, Meloni ritira la querela»Secondo un funzionario,Guglielmo il gruppo è pronto ad accettare i termini della risoluzione votata all’Onu. Washington mette sul tavolo anche 404 milioni di dollari in aiuti umanitari per la PalestinaLa bozza di risoluzione passata al Consiglio di Sicurezza dell'Onu con 14 voti favorevoli e la sola astensione della Russia è un punto importante a favore di Antony Blinken e della sua tela diplomatica-Il segretario di Stato ha incassato un forte sostegno internazionale al piano Biden per un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi a Gaza. Se Hamas dovese rifiutare il piano, a questo punto sarebbe isolata e potrebbe subire l'allontanamento della sua dirigenza dall’esilio dorato di Doha. I primi segnali, comunque, sembrano positivi.Hamas è pronto ad accettare la risoluzione di cessate il fuoco votata nella notte tra lunedì e martedì dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed è pronta a negoziare i dettagli, dove, come è noto, si nascondo i problemi maggiori: lo ha detto alla Reuters Sami Abu Zuhri, alto funzionario di Hamas, aggiungendo che spetta a Washington garantire che Israele, ovvero Netanyahu, la rispetti. «L'amministrazione statunitense sta affrontando una vera e propria prova per portare a termine i suoi impegni nel costringere l'occupazione a porre immediatamente fine alla guerra in attuazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite», ha aggiunto Zuhri.Per facilitare l’intesa gli Stati Uniti, sostituendo per una volta l’Ue come ufficiale pagatore, concederanno 404 milioni di dollari in aiuti di assistenza umanitaria ai palestinesi. Lo ha annunciato sempre il segretario di stato Blinken nel corso di una conferenza stampa in Giordania, terza tappa del suo ottavo viaggio in Medio oriente dall’inizio del conflitto. «Alcuni hanno espresso grande preoccupazione per la sofferenza dei palestinesi a Gaza, inclusi paesi che potrebbero donare molto» ma che hanno dato «poco o nulla», ha sottolineato Blinken non dando altri particolari per individuare i paesi sotto accusa.Israele dopo aver dato un segnale di assenso di massima al piano di pace in tre fasi non scopre tutte le carte ma fa trapelare qualche segnale di incertezza e inquietudine. «Israele non metterà fine alla guerra prima di aver raggiunto tutti i suoi obiettivi di guerra: distruggere le capacità militari e di governo di Hamas, liberare tutti gli ostaggi e garantire che Gaza non rappresenti una minaccia per Israele in futuro. La proposta presentata consente a Israele di raggiungere questi obiettivi, e Israele lo farà». Lo ha detto un alto funzionario israeliano, coperto da anonimato, in una nota dopo che l’esecutivo di Netanyahu ha perso l’appoggio del centrista Benny Gantz. ItaliaPiù che Kiev, poté Gaza: così Avs ha conquistato la galassia pacifistaLisa Di GiuseppeStanare Sinwar«La parola che proviene dalla leadership di Hamas a Gaza è determinante» per le prospettive dell'accordo sulla tregua. È quanto osservato da Blinken rispondendo alla domanda di un giornalista, durante una conferenza stampa a Tel Aviv.La dichiarazione di Hamas di apertura rispetto i termini dell'accordo «è un segnale di speranza» ha ribadito Blinken ma «ciò che è determinante, almeno ciò che finora è stato determinante in un senso o nell'altro, è la parola che proviene dalla leadership di Hamas a Gaza».Troppo spesso in passato la dirigenza di Hamas a Doha era pronta ad accettare piani di pace poi regolarmente bocciati dai vertici dell’organizzazione a Gaza. Per questo, sebbene Israele e Hamas sembrano siano aperti al piano di cessate il fuoco, il destino della tregua non è ancora chiaro. Soprattutto dopo le frasi del leader di Hamas a Gaza, Sinwar rese note al momento opportuno dal Wall Street Journal secondo cui «la morte dei civili a Gaza è un sacrificio necessario». Una posizione quella di Sinwar che denota cinismo e volontà di sacrificare vite umane per raggiungere i propri obiettivi politici e di potere, ma che potrebbe ritorcersi contro la sua leadership se decidesse di far saltare il tavolo delle trattative e così dare nuovo vigore al conflitto con nuove vittime e sofferenze per la stremata popolazione palestinese.«È questo che conta, ed è questo che ancora non abbiamo», ha affermato Blinken evidenziando anche che «se Hamas non dirà di sì, allora la responsabilità sarà chiaramente sua in termini di sicurezza, di benessere di centinaia di migliaia, di milioni di donne, di bambini e di uomini palestinesi a Gaza; in termini di sicurezza, di stabilità e di sicurezza di Israele; della regione nel suo complesso, perché più a lungo si andrà avanti, più ci sarà la possibilità che il conflitto si diffonda, che si verifichino problemi in altri luoghi». «Stiamo lavorando ogni momento per evitare che ciò accada - ha affermato il responsabile della politica estera della Casa Bianca - finora ci siamo riusciti, ma più si va avanti, più il rischio aumenta». Washington fin da subito ha voluto evitare che il conflitto a Gaza potesse deflagrare ulteriormente e che potesse coinvolgere altri paesi dell’area.Le famiglie dei soldati Centinaia di genitori di soldati israeliani impegnati a Gaza chiedono ai loro figli di «deporre le armi e tornare a casa» in una lettera al ministro della Difesa Yoav Gallant e al capo di stato maggiore delle forze armate Herzi Halevi Nella lettera aperta - scrive Haaretz - criticano anche la decisione della Knesset di approvare la legge che esonera gli uomini ultraortodossi dal servizio militare, e hanno scritto che non sosterranno più la campagna militare a Gaza. Un segnale di come Netanyahu sia sempre più contestato da buona parte della popolazione israeliana nella sua ostinazione a condurre la guerra senza chiarire gli obiettivi finali della stessa e così garantire la propria sopravvivenza politica.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediVittorio Da RoldDopo essersi laureato alla facoltà di Storia e Filosofia dell'Università degli Studi di Milano ha iniziato la carriera di giornalista nel 1986 a ItaliaOggi di Marco Borsa e Livio Sposito dopo aver collaborato all'Ipsoa di Francesco Zuzic e Pietro Angeli. Segue la politica estera e l'economia internazionale con un occhio di riguardo per tutto ciò che è ad Est rispetto all'Italia: dalla Polonia alla Turchia, dall'Austria alla Grecia fino ad arrivare all'Iran. È stato Media Leader del World Economic Forum.
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