Dite addio a 90° minuto la domenica, è la fine di un'eraL'iniziativa di Domani,Capo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella Libération, Tagesspiegel, El Confidencial, Hvg, Gazeta Wyborcza, Delfi, Balkan Insight e n-ost vuole vitalizzare il dibattito pubblico e la democrazia europea. Agli ucraini, a chi è fuggito in Ue e a chi vive guerra e blackout, è dedicata l’ottava edizione della nostra newsletter paneuropea, che esce ogni mercoledì ed è gratuita. Iscriviti qui Buongiorno Europa! Eccoci con l’ottava edizione dello European Focus! Sono Anton Semyzhenko, il caporedattore di questa settimana, e mi trovo a Kiev. Martedì, proprio mentre vi scrivevo, l'Ucraina si è trovata sotto un nuovo attacco missilistico, ancora più intenso del solito. Ve lo descrivo mentre accade: insieme ai nostri colleghi sul campo, ora tutti nei rifugi o nei punti più sicuri dei loro appartamenti, monitoriamo le notizie. Arrivano aggiornamenti in tempo reale sulle interruzioni di corrente urgenti nelle principali città ucraine: Kiev, Kharkiv, Lviv... «E sai cosa ha appena chiesto mia madre?», mi scrive proprio adesso un collega da Kiev. «Quanto tempo deve cuocere il camembert al forno?». Lo sappiamo tutti, che questo inverno non sarà facile. Può darsi che gli attacchi russi ci renderanno la vita impossibile, e che alcune delle persone in queste chat scriveranno presto da luoghi più sicuri. Forse ci saranno nuove storie del tipo di quelle che leggiamo in questa edizione: storie di integrazione difficile degli ucraini in Europa occidentale, come quella di Olha, che ci scrive dalla Germania; o storie di un desiderio di ritorno, come quella di Daria, dalla Francia. Ma nelle mie chat room, nessuno ha intenzione di lasciare l'Ucraina, nemmeno oggi. Al contrario: milioni di ucraini fanno scorta di legname, carbone, si procurano generatori diesel e power bank: qualunque cosa che ci consenta di conservare quel modo di vivere che tutti noi stiamo difendendo. Compreso il camembert al forno. Anton Semyzhenko, caporedattore di questa edizione EuropaNove media creano un appuntamento settimanale per il dibattito europeoFrancesca De Benedetti Se è una fiaba, è una fiaba complicata HERRSTEIN – «Vivi in una fiaba», mi ha detto un vicino di casa nel piccolo villaggio tedesco dove sono arrivata in primavera, dopo essere fuggita dall'Ucraina. Eppure, lo scenario splendido non basta a rasserenare chi vive in un'agitazione costante. La casa dove vivo adesso conta più oggetti del mio appartamento a Kiev. L'intero villaggio mi ha aiutata, mettendo insieme utensili da cucina, mobili e vestiti. Hanno persino trovato una caffettiera quando hanno scoperto che mi piace il caffè. Avevo quasi tutto. Ma la mia integrazione è stata una sorta di lento cammino. Mi svegliavo intorno alle quattro del mattino, controllavo che amici e parenti, a Kiev, stessero bene, e poi tornavo a dormire, fino alle nove, quando iniziavo a lavorare. Avevo costante accesso a internet, e non mi dovevo nascondere in una cantina umida. Ma il torpore interiore della mia vita è cambiato molto velocemente. La dissonanza tra le foto che arrivavano dall'Ucraina e il paesaggio davanti alla mia finestra mi teneva sveglia. Naturalmente, questo è stato il primo stadio: il rifiuto della nuova realtà, combinato con un futuro incerto. Una volta superata la paura di parlare tedesco, ho iniziato a comunicare di più con la gente del posto. Quando ho iniziato a capire come vivono, è diventato più facile superare gli stereotipi. La Germania non è soltanto un paese dotato di un solido sistema di previdenza sociale, o un luogo in cui niente deve distrarre la gente dai piani per il fine settimana, come indicano alcuni stereotipi. È un paese molto cosmopolita, con i suoi problemi e divisioni, le sue regole e tradizioni. Ho accettato nuove regole di vita e ho abbattuto molte barriere: linguistiche, emotive, burocratiche. L'apertura, la gratitudine nei confronti della gente e l'essere attiva mi hanno aiutato a superare gli ostacoli. Tuttavia... ciascuna delle nostre storie è molto più complessa di qualsiasi “fiaba” che vediamo nelle vite degli altri, o nella quale gli altri vedono noi. Olha Konsevych è una giornalista ucraina; lavora per il quotidiano tedesco Tagesspiegel Il numero della settimana: 500mila VARSAVIA – La Polonia prevede l'arrivo di 500mila ucraini nei prossimi mesi, gente in fuga dall'inverno, dall'intensificarsi della violenza russa, e dalla mancanza di acqua, elettricità e riscaldamento. Ci sono più di un milione di rifugiati ucraini in Polonia. Le organizzazioni umanitarie prevedono che i nuovi arrivati saranno di altro tipo, e che saranno traumatizzati dalla guerra. Riuscire a provvedere a tutti loro, a sfamarli, potrebbe rappresentare una sfida. Al momento sono 80mila i rifugiati che hanno trovato accoglienza nei centri umanitari del paese, e molti di loro vivono in alloggi sovraffollati. Durante le prime settimane di guerra, la società polacca ha offerto un enorme aiuto ai rifugiati. Potrebbe esserci di nuovo bisogno di questo tipo di solidarietà dal basso, visto che se guardiamo a quella offerta dallo stato polacco, allora gli esperti giudicano inadeguato il livello di preparazione della Polonia. Anita Karwowska è una giornalista di Gazeta Wyborcza «Resto qui finché non vinciamo» (Daria si commuove mentre il treno arriva in Ucraina. Foto Adrienne Surprenant /MYOP) PARIGI – Daria ricorda la notte del 24 febbraio come se fosse ieri. La prima volta che sono partite le sirene, questa produttrice cinematografica di Kiev, una donna di 29 anni, ha pensato che si trattasse dell'allarme di un'automobile. Poi ha visto un messaggio di sua madre. «È iniziata», scriveva. Dopo le prime esplosioni, Daria si è messa al riparo in un rifugio. «Pensavo che ci sarei rimasta una ventina di minuti, e invece ci ho passato due settimane, senza mai uscire», racconta. Il 18 marzo, Daria ha lasciato Kiev con una borsa piccola, «come una rifugiata». Avendo studiato cinema per cinque anni a Parigi, si è unita alle migliaia di ucraini che hanno trovato rifugio nella capitale francese. Nei primi giorni è riuscita a riposarsi un po’. Ma anche a Parigi sentiva che c'era qualcosa di sbagliato. «Quando sono arrivata, mi era difficile vedere gente felice, mentre il mio paese era in guerra», racconta. Daria si è servita di diversi metodi per tenere i francesi informati sulla situazione in Ucraina. Non usciva mai di casa senza portare una bandiera ucraina sulle spalle. «Una volta ho ricreato l’atmosfera delle cucine di guerra», un’iniziativa per raccogliere fondi per lo sforzo bellico. «Abbiamo preparato mille pasti per la gente del posto, ma ne abbiamo venduti soltanto 50. I francesi non capiscono che gli ucraini stanno combattendo per proteggere il resto d'Europa», aggiunge. Il 19 maggio Daria ha deciso di tornare in Ucraina, anche se questo significa rischiare la vita. Vuole essere una di quelle persone «che sanno cos'è la guerra». Sul treno dalla Polonia all'Ucraina è scoppiata in lacrime: «È finita, sto tornando a casa». Il paese è nel caos. Nella maggior parte delle città le sirene urlano ancora, più volte al giorno. Ma la giovane cineasta sa di non essere sola. Più di due milioni e mezzo di ucraini sono tornati in patria dall'inizio dell'invasione russa. Sei mesi dopo, Daria non ha rimpianti. Dice che rimarrà in Ucraina «fino alla vittoria». Léa Masseguin è una giornalista di Libération A cena fuori nonostante il blackout (Anche se manca l’elettricità, un ristorante del mercato di Kiev offre vino, candele e piatti riscaldati in strada usando una bombola a gas. Foto: Victoriia Siumar) KIEV – «Ogni volta è come essere al livello successivo di un videogioco di sopravvivenza. Ora non c'è né elettricità né acqua, i dipendenti sono spaventati e non vengono al lavoro. Oppure si presentano, ma non reggono la tensione», scrive Anna Zavertaylo, comproprietaria di Honey, una popolare catena di bar di Kiev. Dal 10 ottobre, con l'inizio degli attacchi russi contro le infrastrutture chiave dell'Ucraina, ogni giorno a Kiev ci sono interruzioni di corrente per risparmiare energia. L’impresa di Anna sta cercando di adattarsi. Quando va via la corrente, i pasticceri indossano una lampada frontale, in modo da poter continuare a preparare i dolci. La situazione è la stessa in molti altri locali. Quando sono iniziati i blackout, il caffè Ornament offriva una selezione limitata di bevande dal proprio menu, ad esempio il caffè a filtro, che può essere preparato prima e conservato in un thermos. Ma ora, dopo l’acquisto di una piccola cucina a gas, sono disponibili tutte le bevande. Kha.food, che vende le tipiche pizze quadrate di Kharkiv, annuncia l’orario di apertura giorno per giorno sui social media. Il ristorante greco Chaika informa i clienti che quando manca l’elettricità è possibile gustare i piatti alla griglia. Non è soltanto il settore della ristorazione ad adattarsi. Molte imprese stanno acquistando generatori a diesel per poter continuare a lavorare in caso di interruzioni di corrente. Ilya Kenigstein, un imprenditore di Kiev, ha acquistato un grosso generatore per mantenere in funzione la propria azienda, Creative States, una serie di centri di coworking. La scorsa settimana ha esaurito tutte le postazioni per lavoratori singoli, mentre per i team che vogliono affittare uffici c'è una lista d'attesa. «Dopo lo scoppio della guerra, abbiamo capito quanto fosse importante rimanere qui», dice Zavertaylo. «Siamo qui per lavorare, per creare e per sostenerci a vicenda. Tutte queste complicazioni trasformano soltanto i nostri valori. Questa è la strada che dobbiamo percorrere, e loro – i russi – non ci domeranno». Masha Zhartovska è giornalista politica di Babel Uniti pur nella distanza "Guardate la 44a brigata di artiglieria che scrive il dettato radiofonico", si legge nel post su Facebook. Alcuni soldati trascrivono un saggio breve di Iryna Tsilyk, regista e scrittrice ucraina, membro della sezione ucraina di PEN International. Foto: Facebook. KIEV – Il 9 novembre, Giornata della scrittura e della lingua ucraine, l'annuale ”dettato dell'unità nazionale", organizzato dalle emittenti pubbliche ucraine, è diventato virale. Perché? Perché il tema ha toccato la popolazione nel profondo. In questo incontro – organizzato via radio, TV e online – il pubblico viene invitato a trascrivere correttamente il testo di un saggio breve. Il pezzo di questa edizione, un testo della scrittrice Iryna Tsilyk, era dedicato al concetto di casa, quella casa che l'invasione russa ha rubato a milioni di ucraini. Essendo sfuggiti alla guerra, o avendo imbracciato le armi per difendere il loro paese, molti ascoltatori si sono ritrovati lontano da casa, ma uniti nello scrivere parole che parlavano di un luogo caro ai loro cuori. «A volte una casa entra nello spazio di una valigia. Ora siamo come lumache, ora conosciamo il prezzo delle grandi migrazioni», dice il testo. Molti si sono commossi fino alle lacrime, e tra questi il conduttore televisivo dell'evento, Roman Kolyada, la cui casa è stata distrutta dall'attacco russo. I social media erano pieni di volti in lacrime e di fogli di carta inumiditi. Anna Myroniuk è a capo del team investigativo del Kyiv Independent (Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Simone Caffari) EuropaNine European Media Outlets Launch Unique ‘European Focus’ CollaborationFrancesca De Benedetti© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?Accedia cura di Francesca De Benedetti Europea per vocazione. Ha lavorato a Repubblica e a La7, ha scritto (The Independent, MicroMega), ha fatto reportage (Brexit). Ora pensa al Domani.Short bio Twitter account
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