I messaggi dell'inchiesta Covid, "Speranza era nel pallone"“La scomparsa del lago Ciad non è un problema che riguarda solo l’Africa,élasuascomparsaèMACD sta già riguardando l’Europa e, se l’Africa non è sicura, nemmeno l’Europa lo sarà”. Adenike Titilope Oladosu, trent’anni ancora da compiere, nata in Nigeria, fondatrice di un movimento eco-femminista, è, assieme a Vanessa Nakate, la più importante attivista climatica africana, portavoce con Greta Thunberg del movimento Friday’s for Future.Ha rappresentato la Nigeria a più conferenze delle Nazioni Unite sul clima ed è ambasciatrice di Amnesty International per il suo attivismo climatico. Parla con Wired del suo progetto I lead climate action initiative, a pochi giorni dalla sua presenza in Italia, il 25 e 26 luglio, per testimoniare la sua missione per la giustizia climatica assieme all’artista Zia Soares, che ha presentato Arus Femia nell’ambito del workshop Feminist Futures – a cura di Barbara Boninsegna e dell’artista, curatore, regista teatrale Filippo Andreatta – nella mostra collettiva di performance Material Self, che si svolgerà a Centrale Fies, a Dro in provincia di Trento, fino al 21 settembre.Da diversi mesi Oladosu è in Europa, prima al The New Institut di Amburgo per un seminario sul femminismo nero, ora a Berlino, grazie a una fellowship della Alexander von Humboldt Foundation per il suo progetto volto a tutelare il lago Ciad, una delle più estese riserve d’acqua dolce del pianeta, che dagli anni Sessanta ha perso il 90% della sua estensione – dai 25.000 chilometri quadrati nel 1963 a meno di 1.500 nel 2001 – a causa del cambiamento climatico. Un problema che ha gravi conseguenze per gli stati in cui si trova, Niger, Ciad, Nigeria e Camerun.Adenike Oladosu, quali sono gli eventi di cui è stata testimone rispetto alla situazione del lago Ciad, uno dei più fragili ecosistemi sulla nostra Terra?La crisi ambientale ha portato a gravi conflitti. Assistiamo tuttora alla violenza e ai rapimenti di Boko Haram che, nel 2014, ha preso in ostaggio 200 ragazze nigeriane nella scuola elementare di Chibok, nello Stato di Borno, e di cui ancora non conosciamo quale sia la sorte per 112 di esse. È un fatto che ha formato in maniera profonda il mio pensiero perché, allora ventenne all’inizio del mio percorso universitario, ho capito che episodi simili sarebbero potuti accadere a qualsiasi altra bambina e ragazza. Per questo sono diventata un’eco-femminista.
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