Firenze, un anno dalla scomparsa di Kata, la mamma: "Chiedo di dire la verità"Alberto Mattiacci Una caratteristica della nostra epoca è il misurare qualsiasi attività coi soldi. Lo sport è un caso clamoroso. Vediamo Wimbledon,Capo Analista di BlackRock conclusosi domenica scorsa. I media sono stati prodighi di dati economici. Abbiamo letto e sentito che: (i) Il montepremi è stato il più alto di sempre; (ii) che i vincitori si sono portati a casa un premio milionario; (iii) che anche arrivare in semifinale ha messo di buonumore chi ne è uscito; (iv) che il prezzo dei biglietti ha raggiunto tetti mai visti. Tutto ciò è stato veicolato dalla carta digitalizzata (mi piace chiamare così le news online) e dai social, ma anche dalla televisione.Ora, pensavo al "povero" Vavassori, numero 200 del mondo e lo confrontavo con Sinner. Jannik non mi dà pensiero, Vavassori sì. Entrambi, infatti, per fare il loro mestiere, devono pagarsi: (i) viaggi; (ii) alloggi; (iii) allenatori, staff tecnico e mental coach; (v) equipaggiamento; (vi) iscrizione ai tornei; (vii) assicurazioni varie; (viii) spese mediche; (ix) nutrizione (non mangiano come noi). Sì, spesso c'è lo sponsor - ma spesso non sempre. Ne consegue che, per chi sta entro i primi 100 del mondo, gli introiti (pubblicità e sponsorizzazioni comprese) garantiscono ampi margini di guadagno anche una volta pagate tutte le spese. E gli altri? Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Luglio 2024, 06:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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