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«L’emiro si è tolto i guanti». La proposta irricevibile di al Jaber non prevede il phase-out dei combustibili fossili“Fabbriche e memoria”,-criptovalute in una mostra la storia e l'archeologia industriale della nostra provinciaLa rassegna s'inaugura il 3 luglio, dalle ore 17, nella sede dell'Ordine degli Architetti in via Gradisca a Varese. Dall’Olona all’Adda, verranno ripercorse alcune tappe del percorso di trasformazione del paesaggio lombardo a partire dai segni lasciati da sei famiglie di industriali del cotone come Ponti, Cantoni, De Angeli Frua, Crespi, Dell’Acqua e Bernocchi Il 3 luglio, dalle ore 17, l'inaugurazione della mostra “Fabbriche e memoria”. La rassegna sarà ospitata nella sede dell’Ordine degli Architetti di Varese, in via Gradisca. “Fabbriche e memoria” è una mostra di storia e archeologia industriale che, dall’Olona all’Adda, ripercorre alcune tappe del percorso di trasformazione del paesaggio lombardo a partire dai segni lasciati da sei famiglie di industriali del cotone (Ponti, Cantoni, De Angeli Frua, Crespi, Dell’Acqua e Bernocchi) che, tra Ottocento e Novecento, con i loro impianti industriali, case per i lavoratori, convitti, scuole e ospedali, hanno contribuito al cambiamento della storia economica e sociale lombarda.Dopo aver ricostruito l’origine dell’industrializzazione dalla fine del Settecento fino ai primi decenni del Novecento, vengono analizzate le vicende e gli intrecci familiari dei cosiddetti “pionieri del cotone” che contribuiranno a dare vita alla nascita di colossi industriali anche in altri settori (meccanica, chimica).Particolare attenzione è inoltre data alle tipologie architettoniche di fabbrica che sono state adottate anche in relazione ai processi produttivi, nonché alle soluzioni abitative che gli industriali promossero nel loro territorio. Se esemplare è il caso dei Borghi a Varano, di grande interesse furono le scelte dei Cantoni, dei Bernocchi e di De Angeli Frua.Cuore della trasformazione sono stati la Valle Olona, in particolare Legnano, Castellanza e Solbiate Olona, e i nuclei urbani di Busto Arsizio e Gallarate; più tardi il fenomeno si è esteso a porzioni ampie del territorio dal Saronnese alle rive dell’Adda. I borghi agricoli diventeranno città con una marcata impronta industriale, innescando importanti fenomeni di inurbamento e di infrastrutturazione.Oggi molte delle gloriose fabbriche tessili sono dismesse e una parte consistente del patrimonio di archeologia industriale è andato perduto.Nel corso degli ultimi decenni abbiamo avuto una relativa tendenza una relativa tendenza alla conservazione, anche se non sempre di qualità.Accanto a Crespi d’Adda, alla Lanerossi di Schio o il meno noto “Filandone” di Martinengo (BG), fabbriche rigenerate positivamente, anche nella nostra provincia abbiamo edifici storici divenuti realtà con finalità culturali e sociali: le Officine Caproni di Somma Lombardo ora Volandia, i Molini Marzoli (ora Tecnocity) e il Cotonificio Bustese (ora Museo del Tessile) di Busto Arsizio.Il connubio sensibilità storica-convenienza economica del riuso nel nostro territorio a volte ha dato anche risultati pregevoli. Esemplare l’intervento di recupero dell’ex Cotonificio Cantoni di Castellanza, ora LIUC, da parte di Aldo RossiRiportare l’attenzione sul patrimonio architettonico industriale diventa l’occasione per riscoprire importanti e significativi “depositi della memoria”, ma anche riflettere sulla trasformazione, anche violenta, del paesaggio per una effettiva politica di salvaguardia, oggi necessaria più che mai.Curatrici: Renata Castelli, Antonella Checchi, Graziella Clementi, Luisa Pagani. Redazione

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