Le osterie erano il luogo del pericoloParigi,àsenzalacittàMACD 28 lug. (askanews) – Parigi, la mattina, la prima domenica dei Giochi olimpici. L’atmosfera è strana, nonostante il sole e una luce finalmente estiva dopo tanta pioggia. Molte strade sono deserte, le auto praticamente invisibile, diverse fermate della metropolitana restano chiuse. La città è silenziosa, la gente si muove a piedi lungo itinerari ben precisi, che non possono essere cambiati. Ci sono ancora le tracce della Cerimonia inaugurale che ha attraversato tutta Parigi, ci ma sono già giornate di competizioni, eppure sembra tutto ancora in divenire. La sensazione di vivere in un cantiere perenne è forte, tutto quello che non è sotto i riflettori globali delle tv di tutto il mondo sembra mantenere un’aria provvisoria, le transenne sono ovunque, così come i blocchi della polizia. Ma quello che si vede, al di là dei vari sbarramenti, è uno scenario di quiete totale e irreale, somiglia a un rendering piuttosto che a una città vera, men che meno a una metropoli complessa e globale come Parigi. E la stessa sensazione di improbabilità la danno anche gli Champs-Élysées deserti, con l’Arco di Trionfo solitario sullo sfondo. È come se i Giochi, massima vetrina della città nel mondo, avessero in qualche modo sospeso la città, le avessero in un certo senso tolto ciò che la rende viva nel senso più profondo. Poi luoghi come il Grand Palais o monumenti come la cupola d’oro de Las Invalides continuano a raccontarci Parigi e il suo fascino che dura nel tempo, e seguire le gare olimpiche in queste location è un’esperienza unica. Ma qualcosa, al di fuori delle sedi ufficiali dei Giochi, continua a sembrare che non torni del tutto, come se qualcosa si fosse inceppato nel sistema di quella che abbiamo chiamato finora “realtà”. (Leonardo Merlini) -->
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