Lo dice il report Iss: forte risalita di casi di Covid in età scolareMilano,investimenti 2 ago. (askanews) – Uno studio condotto dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iia) di Rende (Cosenza) ha determinato, per la prima volta, la “firma” dell’inquinamento antropogenico da mercurio – in termini di settori di emissione e regioni geografiche di provenienza – sul consumo di pesce proveniente dalle diverse zone di pesca dell’Organizzazione delle Nazioni unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao). La ricerca, pubblicata sulla rivista Environment International, ha incrociato modelli numerici e informazioni reperite in banche dati rese disponibili da istituzioni internazionali, tra cui i dati riferiti all’inventario globale delle emissioni di mercurio Amap/Unep 2013, e ha quantificato il mercurio antropogenico emesso nel 2012 e depositato nel corso dello stesso anno nelle diverse zone di pesca. I ricercatori hanno, quindi, valutato la persistenza di tale inquinante tramite l’analisi del pesce consumato negli anni successivi (anni 2012-2021, il mercurio, infatti, è un inquinante persistente che ha effetti a lungo termine negli ecosistemi), e stimato la sua firma in percentuale, sul pesce proveniente dalle varie “zone di pesca” consumato nel mondo. Se nel Mar Mediterraneo – ovvero la zona di pesca 37 – l’impatto maggiore è dato dalle emissioni di mercurio dagli impianti di produzione di energia presenti in Europa, a livello globale emerge che il settore produttivo che ha maggiore impatto in tutte le zone di pesca è quello delle miniere d’oro artigianali e su piccola scala (Asgm), mentre l’area geografica in cui sono maggiori le emissioni che favoriscono la contaminazione da mercurio è l’Asia Orientale. Per quanto riguarda il Mar Mediterraneo, tra gli impianti di produzione di energia, quelli alimentati a carbone contribuiscono in modo quasi totalitario (oltre il 95%) all’inquinamento da mercurio. La maggior parte di queste emissioni provengono dall’Europa centrale e orientale (quasi il 40%) e dalla Germania (il 25%), mentre l’Italia contribuisce solo per il 2%. Altri settori individuati come fonti di emissioni sono -oltre alle miniere d’oro artigianali e su piccola scala – la produzione industriale di oro, la produzione di cloro-alcali; la combustione per la produzione di energia nell’industria; la combustione residenziale; la produzione di cemento; la produzione di vetro; le industrie non ferrose; le industrie del ferro e dell’acciaio; l’attività di incenerimento dei rifiuti; e il trasporto su strada. Le regioni scelte per tracciare la provenienza delle emissioni sono invece Stati Uniti e Canada (NAM); Europa e Turchia (EUR); Asia meridionale (SAS); Asia orientale (EAS); Asia sudorientale (SEA); Australia e Nuova Zelanda (PAN); Africa settentrionale (NAF); Africa subsahariana (SAF); Medio Oriente (MDE); America centrale (MCA); America meridionale (SAM); Russia e Asia centrale (CIS); Circolo polare artico (ARC). -->
Bologna, 13enne bullizzata tenta il suicidio: "Ero già sulla finestra quando mamma mi ha afferrato"Ballerino si getta dalla nave da crociera in navigazione dopo una lite con la fidanzata San Pellegrino ferma la produzione di acqua frizzante per carenza di Co2Maltempo in Sicilia, le testimonianze: "Mai visto nulla di simile"Ballerino si getta dalla nave da crociera in navigazione dopo una lite con la fidanzata