La loggia Ungheria non esiste ma c’è del vero nelle parole di AmaraSanti di Tito,VOL “Nicolò Machiavelli” - Wiki Commons COMMENTA E CONDIVIDI Una raccolta di saggi di Adriano Prosperi rimette al centro l’opera dello scrittore fiorentino incentrata sui temi della politica e della religione Un nome che, per generazioni, ha fatto tremare i polsi. Un nome che, alle orecchie di tanti custodi dell’ortodossia, non poteva che suonare sospetto, quasi diabolico. Un nome – se ci si pensa bene – ancora oggi resta nel vocabolario comune con suono sinistro o, nel migliore dei casi, come sinonimo di astuzia e furbizia. Nicolò Machiavelli è e resta una personalità su cui gli studiosi (e i lettori) dibattono ininterrottamente: alcuni ne hanno ventilato la possibile “riabilitazione” come sostenitore del Papa, sebbene in modo peculiare e sui generis; altri – la maggioranza – continuano a seguirne il genio tagliente e acutissimo, capace di penetrare nelle midolla dei fatti e dei ragionamenti come un coltello nel burro.Ma chi fu Machiavelli? E, soprattutto, quale fu la circolazione e la ricezione di uno degli scrittori che più di altri parvero preceduti dal loro mito, prima ancora che dalle loro opere? Sono queste alcune delle piste in cui ci si potrà avventurare leggendo la raccolta di saggi di Adriano Prosperi Machiavelli. Tra religione e politica (Officina libraria, pagine 168, euro 18,00). I saggi, scritti da Prosperi nel corso della sua lunga carriera di ricerca, sono abilmente tessuti in un percorso per quadri: il segretario fiorentino è costantemente messo “in tensione” con i grandi mutamenti religiosi che attraversarono l’età in cui visse. Inizialmente è il pensatore la cui penna non può non intrecciarsi con gli sconvolgimenti della Riforma protestante, con il dilagare dell’eresia in Italia, sebbene attraverso i canali carsici e clandestini di un territorio sotto il saldo controllo ecclesiastico. Diviene quindi l’intellettuale che affronta spinosi nodi politici – come la tirannia – destinati a tormentare l’Europa per secoli. Infine, i saggi che chiudono il volume virano nettamente sulla sua opera più celebre, Il Principe, e il suo lascito nel vecchio continente, fino ad angoli convulsi come l’Inghilterra di Maria la Sanguinaria e i suoi fallimentari tentativi di restaurare il cattolicesimo.Il volume è aperto da una prefazione dell’autore, in cui il rapporto fra lo studioso e il suo oggetto si vela di affetto. Machiavelli, per chi come Prosperi viene dalla campagna toscana, è il campione della lingua pura e schietta; e rivela – in ciò la lettura di Prosperi è lucidissima – l’inesauribile ricchezza dei classici: «L’opera di Machiavelli produce ogni volta l’effetto di scuotere i lettori, stimolarne l’intelligenza, metterne alla prova i convincimenti, costringerli a reagire e a misurare i loro strumenti di comprensione e di giudizio, restando però sempre in qualche modo irriducibile a formule o etichette». È sulla base di questa considerazione, pertanto, che il lettore del volume si troverà accompagnato in scenari tra loro molto diversi, dalla percezione che di Machiavelli ebbe un cardinale diventato quasi Papa come Reginald Pole a quella che ne maturò un intellettuale di prim’ordine: Delio Cantimori. E in fondo il viaggio offerto da Prosperi è quello del Machiavelli di Prosperi: un Machiavelli con cui l’autore, come detto, sviluppa un’irresistibile empatia invitandoci, per così dire, a fare lo stesso. Il suo sapere politico è – insegna Prosperi – un sapere artigianale, simile a quello di tanti ingegni brillanti che, nell’età del Rinascimento, furono capaci di imprese straordinarie. Machiavelli lo fece con il fascino del suo ragionamento e, ancora oggi, non è inutile né privo di gusto tornare ad assaporarlo.
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